LO YOGA COME STRUMENTO

DI TRASFORMAZIONE 


YOGASUTRA di Patanjali

Lo Yoga è una scienza esperienziale tramite la quale possiamo trasformare gli ostacoli e i condizionamenti bloccanti in opportunità di benessere e gioia profonda. 

Sono numerosi i testi ai quali facciamo riferimento e a cui ci ispiriamo nel proporre lo YOGA in Occidente.

 

Fra i tanti spiccano indubbiamente gli aforismi di PATANJALI (YOGASUTRA) redatti presumibilmente intorno al 400 a.C e ai quali dobbiamo una vera e propria codifica della scienza yogica ( clicca qui per leggere il testo completo)

 

Patanjalii infatti, con magistrale chiarezza e incredibile capacità di sintesi, enuncia lo scopo dello Yoga, gli strumenti per raggiungerlo e gli ostacoli che solitamente si incontrano. 

 


LA BAGHAVAD GITA 

Il "Canto del Beato" rappresenta - senza ombra di dubbio - uno dei testi più sacri e sbalorditivi dell'intera umanità .

 

La BHAGAVAD GITA è un testo che si presta a molteplici livelli di comprensione, in risonanza con lo stato evolutivo del lettore. 

Di questo poema non esiste un solo versetto che non possa e debba essere applicato a ciascuna delle contingenze che incontriamo nella vita.

 

Il Poema sacro è uno dei capitoli della Mahabharata, e ci riporta l'insegnamento  di Sri Krishna.

È stato composto 300 anni circa prima della nascita di Cristo, tuttavia, gli avvenimenti storici con i quali si confronta si situano in epoca più antica;

la grande guerra descritta dalla Bhagavad Gita avvenne in una data che la critica moderna fissa a 1.000 anni prima di Cristo.

 


SIVA-SAMHITA

Lo Yoga rivelato da Siva 

La Siva-Samhita è uno dei più importanti trattati sullo HATA-YOGA. Le basi dottrinali su cui si basa il testo poggiano sul Samkhya, sullo Yoga, sul Tantrismo. Il testo riporta un dialogo fra SIVA e PARVATI nel cui dipanarsi viene descritto lo HATA-YOGA come una disciplina  in cui confluiscono spiritualità, mistica erotica, magia, alchimia. 

Un breve brano tratto dalla SIVA_SAMHITA: 

Il risveglio della Kundalinî

 

12. Ora rivelerò un mezzo eccellente che conferisce il successo nello Yoga e che deve essere tenuto segreto; si tratta di una forma di Yoga difficile a realizzarsi anche da parte dei perfetti.

 

Ribadita la necessità di tenere segreta la pratica - elemento tipico di ogni testo di carattere iniziatico - vengono rivelate nuove tecniche.

 

13-14. Quando la Kundalinî addormentata si sveglia, grazie al favore di un maestro, tutti i loti e tutti i nodi vengono attraversati; perciò il praticante compia con tutto il suo impegno l'esercizio delle mudrâ per svegliare la Signora che dorme nella bocca del brahmarandhra.

 

La Kundalinî, nella sua ascesa, attraversa i chakra paragonati a loti; le mudrâ servono appunto per risvegliarla.

 

15. Le migliori tra le mudrâ sono dieci: mahâmudrâ, mahâbandha, mahâvedha, khecarî, jâlandhara, mûlabandha, viparîtakrti, uddâna, vajronî e sakticâlana come decima.........

 

 

Altri importanti testi TANTRICI di cui consiglio la lettura sono : 

HATHAYOGA-PRADIPIKA -LA LUCERNA DELLO HATHA-YOGA

GHERANDA SAMHITA - INSEGNAMENTI SULLO YOGA 

 


IL VEDANTA

Il Vedanta è uno dei sei sistemi ortodossi (darshana) della filosofia indiana, nonché quello che costituisce la base della maggior parte delle scuole moderne dell'Induismo. Il termine Vedanta significa in sanscrito "la conclusione" (anta) dei Veda, la letteratura sacra più antica dell'India;

si utilizza in riferimento alle Upanishad, che erano elaborazioni dei Veda, ed alle scuole nate dallo studio (mimamsa) delle Upanishad.

Così per Vedanta si intende anche il Vedanta-Mimamsa (riflessione sul Vedanta), Uttara-Mimamsa (riflessione sulla parte finale dei Veda) e Brahma-Mimamsa (riflessione sul Brahman).

 

I tre testi fondamentali del Vedanta sono: le Upanishad (le più note, ampie e antiche delle quali sono la Brhadaranyaka, la Chandogya, la Taittiriya ed la Katha); il Brahma-sutra (anche denominato Vedanta-sutra), che sono anche delle brevi, persino singole interpretazioni di una sola parola della dottrina del Upanishad; ed il famoso dialogo poetico, la Bhagavadgita (Canzone del Divino), che, per l'immensa popolarità, è considerato realizzato a supporto delle dottrine delle Upanishads.

 

Nessuna interpretazione dei testi è prevalsa sulle altre e parecchie scuole Vedanta si sono sviluppate, differenziate dalle loro concezioni della natura della relazione e del grado di identità fra il Sé individuale (jiva) e l'Assoluto (Brahman). Queste spaziano dal non-dualismo (Advaita) VIII secolo del filosofo Shankara, al teismo (Vishistadvaita) XI-XII secolo di Ramanuja, al dualismo (Dvaita) XIII secolo di Madhva. (vedere inoltre l'indice: Advaita, Vishistadvaita, Dvaita).

 

Tutte le scuole Vedanta, tuttavia, mantengono in comune un certo numero di principi; la trasmigrazione del Sé (samsara) e l'opportunità della liberazione dal ciclo delle rinascite; l'autorità dei Veda sulle modalità di liberazione; che il Brahman è sia la causa materiale (upadana) che strumentale (nimitta) del mondo; e che il Sé (atman) è l'agente dei propri atti (karma) e quindi il destinatario dei frutti o conseguenze delle azioni (phala). Quasi tutte le scuole del Vedanta rifiutano all'unanimità entrambe le filosofie eterodosse (nastika) del Buddismo e del Jainismo e le conclusioni delle altre scuole ortodosse (astika) (Nyaya, Vaishesika, Samkhya, Yoga e, in una certa misura, il Purva-Mimamsa), eccetto la scuola del Vedanta Advaita che vede tutte le dottrine delle altre scuole come esposizione di momenti del cammino di liberazione.

 

L'influenza del Vedanta sul pensiero indiano è stata profonda, di modo che si può dire che, in una o altra delle sue forme, la filosofia indù è diventata il Vedanta. Anche se la preponderanza dei testi di studiosi dell'Advaita, in Occidente ha provocato l'errata impressione che Vedanta significhi Advaita, mentre l'Advaita non-dualistismo, è sì la più importante ma solo una delle molte scuole del Vedanta.

 

(Voce tratta e adattata dalla Enciclopedia Britannica)